IL TRIBUNALE 
 
    Il Tribunale,  sulla  eccezione  di  legittimita'  costituzionale
degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, comma 2, lett. a) e comma 3,  lett.
a) n. 6 del decreto-legge n. 272  del  2005  (come  introdotti  dalla
legge di conversione n. 49  del  2006)  sollevata  dall'avv.  Alfieri
nell'interesse del proprio assistito L. I. M.; 
    Sentiti i difensori degli altri imputati che si sono associati; 
    Sentito il Pubblico Ministero che si e' opposto; 
    A scioglimento della riserva assunta all'udienza  del  1°  luglio
2013; 
 
                               Osserva 
 
    Le difese eccepivano l'incostituzionalita' degli  artt.  4-bis  e
4-vicies ter, comma 2,  lett.  a)  e  comma  3  lett.  a)  n.  6  del
decreto-legge  n.  272  del  2005  come  introdotti  dalla  legge  di
conversione n. 49 del 2006 con riferimento all'art. 77, comma 2 della
Costituzione. 
    Ricordavano che il testo originario dell'art. 73  d.P.R.  n.  309
del  1990  prevedeva  due  distinti  reati  a  seconda   dell'oggetto
materiale della condotta: i primi  tre  commi  riguardavano  le  c.d.
droghe pesanti, ovvero le sostanze elencate nelle  tabelle  I  e  III
dell'art. 14, prevedendo (per l'ipotesi di cui al comma  1)  la  pena
della reclusione da 8 a 20 anni e della multa da euro 25.822 ad  euro
258.228, mentre il quarto comma riguardava le  droghe  c.d.  leggere,
ossia le sostanze catalogate nelle tabelle  II  e  IV  dell'art.  14,
prevedendo la pena della reclusione da 2 a 6 anni e  della  multa  da
euro 5.164 ad euro 77.468. 
    L'impianto della normativa era quindi  costruito  sulla  dualita'
droghe pesanti-droghe leggere, con due circuiti separati in base alla
qualita' della sostanza stupefacente. 
    Questo sistema  e'  stato  stravolto  dalle  modifiche  normative
apportate al d.P.R. n. 309/1990 ed in particolare all'art. 73,  dalla
legge 21 febbraio 2006, n. 49 (di conversione, con modificazioni, del
decreto-legge n. 272 del 2005), con le quali e'  stata  soppressa  la
distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere; e'  stata  prevista,
in luogo delle precedenti quattro,  una  sola  tabella  in  cui  sono
convogliate tutte le sostanze stupefacenti; ed e' stata prevista  per
tutte le condotte indicate nei commi  1  e  1-bis,  indipendentemente
dalla natura delle sostanze, la pena della reclusione da 6 a 20  anni
e della multa da euro 26.000 ad euro 260.000. 
    Le difese eccepivano che queste modifiche apportate  in  sede  di
conversione in legge sono incostituzionali  in  riferimento  all'art.
77, secondo comma, Cost., in via principale sotto  il  profilo  della
estraneita' delle nuove norme all'oggetto,  alla  finalita'  ed  alla
ratio dell'originario decreto-legge e, in via subordinata,  sotto  il
profilo dell'evidente carenza del presupposto del caso  straordinario
di necessita' e urgenza. 
    A  sostegno  richiamavano  l'ordinanza  della  Corte  Suprema  di
Cassazione, Sez. III penale, n. 25554  dell'11  giugno  2013  con  la
quale veniva sollevata la questione  di  legittimita'  costituzionale
nei termini sopra indicati. 
    Dal primo profilo evidenziavano che il decreto-legge n.  272  del
2005 recava misure urgenti dirette a garantire  la  sicurezza  ed  il
finanziamento  delle  prossime  Olimpiadi  invernali  di  Torino,  la
funzionalita' della amministrazione dell'interno, ed il recupero  dei
tossicodipendenti recidivi; con la legge di conversione furono  pero'
approvati emendamenti che hanno introdotto nel decreto ben  23  nuovi
articoli relativi alla disciplina  delle  sostanze  stupefacenti  (da
4-bis a 4-vicies ter), ridisegnando il sistema classificatorio  delle
sostanze stupefacenti  con  l'eliminazione  della  distinzione  delle
sostanze in base  alla  loro  nocivita'  e  portando  un  consistente
aumento di pena per le condotte relative alle droghe leggere  (dunque
equiparando,  quanto  al  trattamento  sanzionatorio,   le   condotte
relative alle droghe leggere a quelle relative alle droghe pesanti). 
    Le nuove norme introdotte con la legge di  conversione  sarebbero
dunque da ritenersi incostituzionali  con  riferimento  all'art.  77,
comma 2 Cost.,  perche'  del  tutto  estranee  alla  materia  e  alla
finalita'  del  decreto-legge  (che  recava  solo  due   disposizioni
relative alla  esecuzione  delle  pene  detentive  nei  confronti  di
tossicodipendenti  recidivi   che   avessero   in   corso   programmi
terapeutici). 
    Dal secondo profilo,  la  difesa  eccepiva  l'incostituzionalita'
delle norme citate in premessa sempre con  riferimento  all'art.  77,
comma 2 Cost. per carenza del presupposto  della  straordinarieta'  e
dell'urgenza. 
    Argomentava  l'eccezione  sostenendo  che  il  presupposto  della
straordinarieta' ed urgenza deve fondare tutte le disposizioni di  un
decreto-legge, ne' un difetto in tal  senso  potrebbe  essere  sanato
dalla legge di conversione. 
    Evidenziava  ancora  come  proprio  l'estraneita'   delle   norme
contenute nella legge di  conversione  rispetto  all'oggetto  e  alla
finalita' del decreto-legge  rappresenterebbe,  indice  sicuro  della
carenza del presupposto  del  caso  di  straordinaria  necessita'  ed
urgenza. 
    Altro indice univoco  della  mancanza  del  presupposto  indicato
consisterebbe nella carenza di motivazione nel preambolo della  legge
di conversione e nella discussione parlamentare  su  quale  fosse  la
straordinaria necessita' che rendeva urgente,  in  quel  momento,  la
riscrittura a regime del testo unico sugli stupefacenti. 
    Va  innanzitutto  valutato  se  le   prospettate   questioni   di
legittimita' costituzionale siano  rilevanti  nel  presente  giudizio
(che ha ad oggetto una serie  di  episodi  di  cessione  di  sostanze
stupefacenti classificabili sia come droghe pesanti che  come  droghe
leggere, rubricati ex art. 73, comma 1 d.P.R. n. 309 del 1990). 
    Ebbene, a proposito deve  premettersi  che  qualora  la  eccepita
questione di legittimita' fosse accolta e fossero quindi annullati  i
citati  artt.  4-bis  e  4-vicies  ter,  sarebbero  ripristinate   le
disposizioni di cui  al  previgente  testo  dell'art.  73  d.P.R.  n.
309/1990 (che prevedevano per le sostanze tipo cannabis e derivati la
pena della reclusione da 2 a 6 anni e della multa da 10 milioni a 150
milioni di  lire  e,  nei  casi  di  lieve  entita',  la  pena  della
reclusione da 6 mesi a 4 anni e della multa da 2 milioni a 20 milioni
di lire; per le droghe c.d. pesanti la pena della reclusione da  8  a
20 anni e della multa da 50 milioni a 500 milioni di lire e, nei casi
di lieve entita', la pena della reclusione da 1  a  6  anni  e  della
multa da 5 milioni a 50 milioni di lire). 
    Invero, e' pacifico che  l'accertamento  di  invalidita'  di  una
norma abrogatrice  ed  il  suo  annullamento  da  parte  della  Corte
costituzionale, specialmente se per  vizi  di  forma  o  procedurali,
determina la  caducazione  dell'effetto  abrogativo  con  conseguente
ripristino della norma precedentemente abrogata,  come  costantemente
ritenuto dalla Corte costituzionale (v. per es.,  sent.  n.  314  del
2009). 
    Tanto premesso, e' indubbio che la questione  sia  rilevante  nel
presente giudizio perche' involge  il  profilo  della  determinazione
della pena nell'ipotesi di  condanna  degli  imputati,  incidendo  in
maniera  rilevantissima  sui  minimi  e  sui  massimi  edittali,   in
particolare  con  riferimento  alle  c.d.  droghe  leggere   il   cui
trattamento sanzionatorio  e'  stato  sensibilmente  aggravato  dalle
nuove disposizioni normative. 
    Giova evidenziare poi che anche per i casi di lieve entita' - per
i quali e' prevista un'attenuazione della pena  sia  dalla  normativa
previgente che da quella  attualmente  in  vigore  -  il  trattamento
sanzionatorio delle condotte relative alle droghe  leggere  e'  stato
aggravato  consistentemente  con  la   decretazione   d'urgenza   del
2005/2006. 
    In ultima analisi, deve osservarsi che la  questione  prospettata
non e' rilevante solo ai fini di  stabilire  i  minimi  e  i  massimi
edittali entro i quali il Giudice deve  muoversi  nell'esercizio  dei
suoi poteri di determinazione della pena, ma rileva  sul  trattamento
sanzionatorio complessivamente inteso  perche'  la  nuova  disciplina
della  cui  costituzionalita'  si  dubita  ha  introdotto  una  piena
equiparazione - anche mediante il nuovo sistema classificatorio delle
sostanze stupefacenti - tra droghe pesanti e  droghe  leggere  quanto
alla gravita' delle condotte relative (in altri termini ha  eliminato
la graduazione di gravita' delle condotte in relazione  alla  diversa
nocivita' delle sostanze). 
    Tanto osservato in punto di rilevanza della questione,  deve  ora
valutarsi se la stessa appaia manifestamente infondata (sul punto  si
ricorda che il Giudice non deve stabilire se la questione sia fondata
o  infondata  -  compito  di   esclusiva   competenza   della   Corte
costituzionale - bensi' unicamente se sia o  non  sia  manifestamente
infondata; deve quindi limitarsi  ad  una  valutazione  sommaria  per
rilevare  che  esista,  a  prima  vista,  un  dubbio  plausibile   di
costituzionalita' ed a svolgere un controllo finalizzato ad escludere
questioni prive di serieta' e ponderazione,  sollevate  solo  a  fini
dilatori). 
    Relativamente a detto profilo ci  si  richiama  alle  motivazioni
dell'ordinanza con la quale  la  Corte  di  cassazione  sollevava  la
questione di costituzionalita' nei medesimi termini sopra prospettati
disponendo la trasmissione degli atti alla Corte  costituzionale  (v.
ordinanza n. 25554 dell'11 giugno 2013). 
    La  citata  ordinanza  richiamava   la   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 22 del 2012 con la quale veniva  affermata  per  la
prima volta l'incostituzionalita' delle norme introdotte dalla  legge
di  conversione  di  un  decreto-legge  del  tutto   eterogenee   con
riferimento all'art. 77, comma 2  Cost.  ed  enunciato  il  principio
costituzionale della sostanziale necessaria omogeneita'  delle  norme
contenute nella legge di conversione; la Corte affermava che la ratio
implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost. impone il collegamento
dell'intero decreto-legge al  caso  straordinario  di  necessita'  ed
urgenza che ha  indotto  il  Governo  ad  avvalersi  dell'eccezionale
potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione
da  parte  del  Parlamento  e   che   di   tale   ratio   costituisce
esplicitazione l'art. 15, comma 3 della legge n. 400 del 1988 laddove
prescrive che il contenuto del decreto-legge «deve essere  specifico,
omogeneo e corrispondente al titolo». 
    Alla stregua di tale principio deve  ritenersi  che  l'esclusione
della possibilita' di inserire  nella  legge  di  conversione  di  un
decreto-legge emendamenti  del  tutto  estranei  all'oggetto  e  alle
finalita' del testo originario non risponda solo ad esigenze di buona
tecnica normativa ma sia imposta dallo stesso art. 77, secondo  comma
Cost., che istituisce  un  nesso  di  interrelazione  funzionale  tra
decreto-legge  e  legge  di   conversione   (caratterizzata   da   un
procedimento di approvazione peculiare rispetto  a  quello  ordinario
anche sotto il profilo della particolare necessaria accelerazione dei
tempi del procedimento). 
    In  altri  termini,  quando  le  norme  introdotte  in  sede   di
conversione  risultassero  del  tutto   estranee   alla   ratio   del
decreto-legge, si registrerebbe uno scostamento  intollerabile  della
funzione legislativa  dal  parametro  costituzionale  con  violazione
dell'art. 77, comma 2 Cost. 
    Cio' posto, la Corte di  Cassazione  condivisibilmente  osservava
che le  norme  qui  in  rilievo  furono  introdotte  per  effetto  di
emendamenti in sede di conversione (nella specie un maxi  emendamento
nel quale venne inserito una buona parte del contenuto del disegno di
legge S2953 del 2003, fermo nelle  competenti  Commissioni  referenti
del Senato) in modo del tutto slegato dalle finalita' e dal contenuto
dell'originario  decreto-legge  (che  recava   misure   urgenti   per
garantire la sicurezza e i finanziamenti per  le  prossime  Olimpiadi
invernali, nonche' la funzionalita' dell'amministrazione dell'interno
e per favorire il recupero dei tossicodipendenti recidivi). 
    Con il maxi emendamento fu sostanzialmente introdotto un corpo di
disposizioni recanti una nuova  disciplina  a  regime  dei  reati  in
materia di stupefacenti  (e  ben  23  nuovi  articoli  dal  4-bis  al
4-vicies ter). 
    Nel testo originario del decreto-legge erano  inserite  due  sole
disposizioni (nell'art. 4) che riguardavano non la  disciplina  delle
sostanze stupefacenti, bensi' lo specifico  tema  dell'esecuzione  di
pene  detentive  nei  confronti  di  tossicodipendenti  recidivi  che
avessero in corso programmi  terapeutici  di  recupero  (si  trattava
peraltro di due disposizioni di carattere abrogativo). 
    Osservava condivisibilmente la Corte di cassazione nell'ordinanza
citata che appare non  manifestamente  infondato  il  dubbio  di  una
profonda distonia di contenuto,  di  finalita'  e  di  ratio  tra  il
decreto-legge  n.  272  del  2005  in  generale,  e  anche   tra   le
disposizioni dell'art. 4 in particolare, e le nuove norme  introdotte
in sede di conversione con le quali e'  stata  sostanzialmente  posta
una nuova disciplina a regime sulle sostanze stupefacenti. 
    Infatti la ratio, ovvero la ragione di necessita' ed urgenza, che
giustificava  il  decreto-legge  nel  suo  complesso  era  quella  di
garantire il sicuro svolgimento delle  prossime  Olimpiadi  invernali
(sotto l'aspetto finanziario e di polizia). 
    Ratio alla quale  la  nuova  disciplina  introdotta  in  sede  di
conversione appare del tutto estranea. 
    Ma anche avuto riguardo al profilo piu' specifico -  pur  facente
parte delle  finalita'  e  del  contenuto  del  decreto-legge  -  del
recupero  dei  tossicodipendenti  recidivi,  deve  ritenersi  che  la
disciplina di sistema  da  ultimo  introdotta  incide  non  solo  sul
trattamento  sanzionatorio  delle  condotte  ma  anche  sul   sistema
classificatorio delle  sostanze  stupefacenti  (oltre  che  su  altri
importanti aspetti che non rilevano in questa  sede  come  la  soglia
quantitativa  oltre  la  quale  la  detenzione  e'  punibile)   cosi'
discostandosi   nettamente   dalle   due   disposizioni   abrogatrici
dell'originario  decreto-legge  che  modificavano  limitati   aspetti
dell'esecuzione delle pene detentive per una particolare categoria di
tossicodipendenti. 
    Di conseguenza deve essere sollevata in via principale l'indicata
questione di  legittimita'  costituzionale  sotto  il  profilo  della
totale estraneita' delle nuove norme aggiunte in sede di  conversione
rispetto all'oggetto e alle finalita' dell'originario decreto-legge. 
    Deve  altresi'  essere  sollevata  in  via  subordinata   l'altra
questione eccepita sempre in riferimento all'art. 77, comma 2  Cost.,
ma sotto il profilo della carenza del presupposto della necessita' ed
urgenza (laddove la Corte non  dovesse  ravvisare  la  disomogeneita'
oggettiva e  finalistica  delle  norme  della  legge  di  conversione
rispetto  al  decreto-legge  e  le  stesse  dovessero  quindi  essere
vagliate in termini di necessita' ed urgenza). 
    Invero, e'  principio  costituzionale  ormai  consolidato  quello
secondo il quale tutte le disposizioni del decreto-legge  convertito,
ivi comprese quelle introdotte con la legge di conversione e non  del
tutto dissonanti rispetto al contenuto originario del decreto, devono
essere assistite  -  pena  l'illegittimita'  -  dai  requisiti  della
straordinaria legittimita' ed urgenza. 
    Come   affermato   dalla   Corte   costituzionale,   proprio   la
eterogeneita' della legge di conversione rispetto al decreto-legge e'
uno dei sintomi della carenza del presupposto dell'urgenza. 
    Nel caso in esame, deve rilevarsi con la  cassazione  piu'  volte
citata che il requisito in parola appare evidentemente carente. 
    Il che puo' desumersi dalla assoluta mancanza di una  motivazione
nel  preambolo  della  legge  di  conversione  e  nella   discussione
parlamentare su quale fosse la straordinaria necessita'  che  rendeva
urgente, in quel momento, la riscrittura  organica  del  testo  unico
sugli stupefacenti. 
    Inoltre il disegno di legge poi veicolato  nel  maxi-emendamento,
risalente al 2003, era fermo da diversi anni  ne'  faceva  parte  dei
provvedimenti  da  approvare   prioritariamente;   d'altronde   nella
discussione  al  Senato  il  maxi-emendamento  veniva  illustrato   e
giustificato  proprio  come  conclusione   di   un   lungo   percorso
parlamentare  e  di  una  annosa  vicenda  e  ci  si  richiamava  per
sostenerne l'approvazione a quell'orientamento ormai  superato  della
giurisprudenza costituzionale minoritaria secondo il quale  la  legge
di conversione non sarebbe necessariamente correlata  al  presupposto
della straordinaria necessita' ed urgenza.